Dulcis in fundo, non poteva mancare la versione di latino con relativa traduzione;)
Egregie mihi videtur M. Antonius apud Rabirium poetam, cum fortunam suam transeuntem alio videat et sibi nihil relictum praeter ius mortis, id quoque, si cito occupaverit, exclamare:
“Hoc habeo, quodcumque dedi.”
O quantum habere potuit, si voluisset! Hae sunt divitiae certae in quacumque sortis humanae levitate uno loco permansurae; quae cum maiores fuerint, hoc minorem habebunt invidiam. Quid tamquam tuo parcis? procurator es. Omnia ista, quae vos tumidos et supra humana elatos oblivisci cogunt vestrae fragilitatis, quae ferreis claustris custoditis armati, quae ex alieno sanguine rapta vestro defenditis, propter quae classes cruentaturas maria deducitis, propter quae quassatis urbes ignari, quantum telorum in aversos fortuna conparet, propter quae ruptis totiens adfinitatis, amicitiae, conlegii foederibus inter contendentes duos terrarum orbis elisus est, non sunt vestra; in depositi causa sunt iam iamque ad alium dominum spectantia; aut hostis illa aut hostilis animi successor invadet. Quaeris, quomodo illa tua facias? dona dando. Consule igitur rebus tuis et certam tibi earum atque inexpugnabilem possessionem para honestiores illas, non solum tutiores facturus. Istud, quod suspicis, quo te divitem ac potentem putas, quam diu possides, sub nomine sordido iacet: domus est, servus est, nummi sunt; cum donasti, beneficium est.
Seneca, De beneficiis 6. 3
Mi sembra che Marco Antonio, vedendo che la sua fortuna passava ad altri (lett.: altrove) e che a lui non era rimasto nulla se non la facoltà di morire (lett.: di morte) (e) anche questa se l’avesse esercitata in fretta, esclami mirabilmente in un’opera del poeta Rabirio (lett.: presso il poeta Rabirio):
“Ho quello che ho donato” (lett.: questo ho, quello che ho dato)
Oh! Quanto avrebbe potuto avere se avesse voluto! Questa è la ricchezza sicura, destinata a rimanere (sempre) nello stesso posto (lett.: in un unico posto) in qualunque volubilità della sorte umana; e questa quanto più grande sarà, tanto minore invidia si attirerà (lett.: avrà). Perché risparmi come (se si trattasse di un patrimonio) tuo? (Tu ne) sei l’amministratore. Tutte codeste cose che vi fanno dimenticare la vostra fragilità, tronfi (come siete) e sprezzanti della umana condizione (lett.: inducono voi, tronfi e innalzati al di sopra delle umane sorti, a dimenticarvi della vostra fragilità), (tutte codeste cose) che (voi) con le armi in pugno (lett.: armati) custodite con serrature di ferro, che difendete con il vostro sangue dopo averle strappate ad altri versandone il sangue (lett.: portate via dal sangue altrui), per le quali varate flotte che insanguineranno i mari, per le quali squassate le città ignorando con quanti colpi la sorte vi prenderà alle spalle (lett.: ignari di quanti dardi la sorte prepari contro di voi voltati di spalle), per le quali, infranti tante volte i legami della parentela, dell’amicizia, di un’associazione, il mondo è stato diviso fra due contendenti, (tutte codeste cose) non sono vostre; sono (presso di voi) in conto deposito (lett.: nella condizione di un deposito), pronte a rivolgersi da un momento all’altro (lett.: che si rivolgono ormai già) ad un altro padrone; vi piomberà sopra o un nemico o un successore dall’animo nemico. Domandi come tu possa renderle tue? Donandole (lett.: dando doni; oppure: dandole come doni). Provvedi dunque alle tue cose e procurati un possesso di esse sicuro e inespugnabile e le renderai (lett.: destinato a renderle) (così) più rispettabili non solo più sicure. Questo patrimonio (lett.: questa cosa) che (tu) ammiri, grazie al quale pensi di essere ricco e potente, per tutto il tempo che lo possiedi, è oppresso da nomi volgari (lett.: singolare): (questi nomi) sono (lett.: è) “casa”, schiavo”, “soldi”; (ma) quando ne hai fatto dono, (il nome) è beneficio.
♦DiggIt! ♦Add to del.icio.us ♦Add to Technorati Faves
Nessun commento:
Posta un commento